Herpes Zoster: serve implementare la vaccinazione nel paziente oncologico

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La protezione del paziente oncologico dall’Herpes Zoster grazie alla vaccinazione. È questo il tema al centro dell’incontro che si è svolto il 28 giugno a Roma dal titolo ‘Frames – Messa a fuoco sull’Herpes zoster. Nuove prospettive di prevenzione nel paziente oncologico’, promosso da Gsk. Tanti gli esperti riuniti per fare il punto della situazione, da rappresentanti delle istituzioni alle associazioni.

La vaccinazione nel paziente immunodepresso è un argomento che va trattato con precisione e competenza. “Stiamo elaborando una linea guida che ha una valenza diversa, molto più importante dei congressi e delle raccomandazioni perché va a definire uno strumento che non è solo scientifico, ma anche medico legale e quindi va a supportare tutte le attività che in questi anni Aiom ha fatto nei confronti delle vaccinazioni del paziente oncologico”. A precisarlo è Saverio Cinieri, presidente Associazione italiana di oncologia medica (Aiom).

“Fino a poco tempo fa – spiega – alcuni medici, compresi anche alcuni oncologi, erano convinti che il paziente oncologico non dovesse assumere vaccini perché immunodepresso, pensando potessero fargli del male, ma in realtà non era così: più che fargli male, potevano dare una diminuzione dell’efficacia in quanto è il paziente gravemente immunodepresso, ma quasi mai quello oncologico che può rilevare una inefficacia del vaccino, ma non un danno”.

Grazie all’innovazione in campo medico, le nuove formulazioni di vaccino garantiscono di poter vaccinare i pazienti immunodepressi, “magari nell’intervallo fra i cicli o prima di iniziare il trattamento – precisa Cinieri – se la situazione clinica lo consente, per proteggere da un danno non solo relativo ad una malattia ulteriore rispetto al cancro, ma anche relativo a una tossicità che può essere anche cronica”. In particolare, infatti, “il Fuoco di Sant’Antonio, oltre a fare male nel momento in cui si manifesta, può provocare dolore per anni o per tutta la vita – avverte lo specialista – con un dolore importante, incoercibile, e purtroppo può anche recidivare, che è il motivo per cui anche i soggetti che hanno già avuto in passato un’infezione cutanea da Herpes zoster, e non soltanto la varicella, devono e possono essere vaccinati”. E poiché l’Herpes zoster è causato da una riattivazione del virus della varicella, “tutti noi – conclude Cinieri – al 95% abbiamo avuto un incontro con quel virus che si può riaccendere in varie manifestazioni cliniche. Non nascondo l’idea che mi sono fatto: dai 60 anni in avanti dovremmo vaccinarci tutti”.

“Purtroppo i tassi di vaccinazione negli adulti malati oncologici sono molto bassi in Italia. La vaccinazione contro lo Zoster deve rientrare nel percorso di cura del paziente. Quindi questo è il messaggio più importante che deve essere dato soprattutto agli specialisti oncologi”. Così Claudio Mastroianni, presidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit). “Una delle complicanze più frequenti e più comuni” dell’infezione da Herpes zoster, sottolinea Mastroianni, “è la neuropatia periferica, una neuropatia molto dolorosa che compromette in maniera importante la qualità della vita dei pazienti che la contraggono. Può durare mesi e soprattutto, per esempio, se colpisce malati oncologici, necessita anche di terapie importanti comportando problemi di interazione con i farmaci e con il rischio anche di interrompere la terapia per la malattia di base”.

“Oltre alla neuropatia periferica – continua il presidente Simit – ci possono essere complicanze secondarie, infettive, sovrainfezioni batteriche e in ultimo anche manifestazioni di tipo neurologico, per esempio l’Herpes zoster oftalmico. Recentemente è stata anche dimostrata un’associazione tra l’infezione da Herpes zoster e lo sviluppo di malattie cardiovascolari e cerebrovascolari. E’ un’infezione che può essere gravata da importanti complicazioni. Ci sono numerosi studi che lo stanno dimostrando e il rischio non va trascurato. Il dolore che causa è proprio legato alla neuropatia periferica e alle altre complicazioni”.

Contro l’infezione da Herpes zoster, nota come Fuoco di Sant’Antonio, “oggi – ricorda ancora Mastroianni – abbiamo a disposizione un vaccino ricombinante adiuvato estremamente sicuro, che è in grado di indurre un’efficacia che supera il 90-95%. Ma una delle caratteristiche più importanti è il fatto che gli effetti di questa protezione durano anche molti anni rispetto al vaccino utilizzato in precedenza. La vaccinazione del soggetto immunocompromesso è un problema soprattutto per le complicanze che possono essere legate a questa tipologia di pazienti e questo vaccino è estremamente efficace anche in questa categoria di pazienti”.

Infine, il presidente Simit si sofferma sulla figura professionale più indicata per la somministrazione del vaccino. “E’ importante – precisa – che la vaccinazione sia proposta dall’oncologo, perché è lo specialista di riferimento che segue questi pazienti e se si ha l’opportunità di poterlo vaccinare nel proprio ospedale sarebbe proprio l’ideale. Però tutte le occasioni per cogliere e implementare la vaccinazione sono benvenute: bisogna superare queste barriere, questi ostacoli che non rendono facilmente agevole l’implementazione di questa vaccinazione”.

L’informazione deve arrivare dai professionisti sanitari e dai clinici che seguono le persone fragili è il messaggio di Roberta Siliquini, presidente Società italiana igiene medicina preventiva e sanità pubblica (Siti). “Le persone fragili, tra queste i pazienti oncologici, possono esigere un diritto di essere vaccinate contro patologie importanti come l’Herpes zoster, le polmoniti e quindi lo pneumococco, l’influenza, il Covid e molte altre patologie. Un’informazione che deve derivare dai professionisti sanitari, dai medici di medicina generale, ma anche dai clinici che seguono le persone fragili per le patologie prioritarie”.

“Fortunatamente – sottolinea Siliquini – abbiamo a disposizione moltissimi vaccini che coprono patologie importanti che diventano ancora più severe quando colpiscono persone anziane o persone fragili, ovvero tutte quelle che non possono non avere una risposta adeguata a degli stimoli antigenici, con un sistema immunitario che non sia in grado di rispondere a delle infezioni che potrebbero essere banali nel resto della popolazione. L’importanza di queste vaccinazioni – specifica la presidente Siti – sta nel fatto che spesso patologie che intercorrono durante le cure oncologiche possono essere causa di interruzione delle cure stesse, o diventare particolarmente gravi in pazienti che non hanno un’adeguata risposta immunitaria”.

Per Giovanni Rezza, ex direttore generale della Prevenzione sanitaria presso il ministero della Salute, “non basta coprire le persone più anziane, bisogna assicurare il vaccino anche alle persone che hanno meno di 60 anni di età, ma con patologie tali da compromettere il sistema immunitario. Le persone cosiddette fragili o vulnerabili. A loro vanno offerti gli stessi vaccini che vengono offerti agli anziani, come vaccino antinfluenzale innanzitutto, ma anche il vaccino contro lo Zoster”.

“Fino a pochi anni fa si pensava soprattutto che il calendario vaccinale dovesse essere destinato all’infanzia – ricorda Rezza – Grazie ad alcune società scientifiche è stato varato il cosiddetto Calendario per la vita, ripreso dal ministero della Salute nel Piano di prevenzione nazionale vaccini del 2017-2019, un piano che evidenzia la necessità di coprire anche le altre età della vita, quindi le vaccinazioni dell’adulto e soprattutto quelle dell’anziano. Per quanto riguarda le vaccinazioni dell’anziano – prosegue l’esperto – la priorità va data alla cosiddetta ‘triade maledetta’ costituita da influenza, polmonite o malattia sistemica da pneumococco ed Herpes zoster. Le conseguenze di queste malattie colpiscono in maniera prevalente gli anziani e possono essere prevenute grazie alle vaccinazioni offerte gratuitamente, in quanto parte integrante delle raccomandazioni formulate all’interno dei piani nazionali”.

La vaccinazione diventa dunque fondamentale per prevenire la patologia e le più severe complicanze che potrebbero determinare un impatto sulla terapia ed eventuali ritardi nel trattamento del tumore, così come riportato nelle recenti Raccomandazioni dell’Associazione italiana oncologia medica (Aiom) sulla vaccinazione anti-Herpes zoster e come sottolinea anche Rezza. “Pensiamo – ribadisce – anche solo alle conseguenze dello Zoster nei pazienti oncologici, nei pazienti oncoematologici, in particolare. Abbiamo dei vaccini efficaci e sicuri in questo senso e quindi – conclude – è importante utilizzarli”.

La prevenzione al primo posto. “È chiaro che abbiamo una grande necessità in questo nostro Paese: spostare l’asse dalla cura alla prevenzione e il tema delle vaccinazioni è un campo di prevenzione primaria. Dobbiamo incidere molto sulla pratica vaccinale, nella popolazione infantile e negli anziani, per preservare la salute anche in termini di autosufficienza della persona”. Ne è convinto Ignazio Zullo, membro della X Commissione permanente Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato.

La pratica vaccinale diventa dunque volano di salute e fornisce un più ampio beneficio economico individuale e sociale, spiega Zullo. “Ci troviamo di fronte a tanti bisogni di salute che emergono giorno dopo giorno – osserva – e c’è un sommerso che deve ancora emergere. Dall’altra parte abbiamo una necessità di risorse che non sono infinite e che dobbiamo saper razionalizzare. Il risparmio non è un risparmio di spesa, ma è la razionalizzazione della spesa, una corretta allocazione e un corretto uso delle risorse. Una pratica di corretto uso di risorse – conclude – sta proprio nella prevenzione e fulcro della prevenzione sono le vaccinazioni”.

“I vaccini vanno visti oggi come parte integrante della cura e, se sono parte integrante della cura, devono diventare parte integrante del sistema. E se devono diventare parte integrante del sistema devono stare, nel caso dell’oncologia, probabilmente assieme alle Reti oncologiche. Sottolineo, però, che è importante delineare anche dei percorsi operativi: i pazienti ci dicono che preferiscono essere vaccinati presso la struttura che li ha in cura e quella è la scommessa che dobbiamo andare a vincere perché, se la vaccinazione è parte del percorso di cura, probabilmente è lì che dovremmo farla”. Così Davide Petruzzelli, consigliere della Federazione delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo) e presidente de La lampada di Aladino Ets.

“Noi, come associazione – aggiunge Petruzzelli – siamo portatori di quella che definisco sempre la ‘scienza laica’, quindi di chi è passato attraverso il problema oggi è qui a raccontarlo e cerca di dare il proprio contributo. E’ un qualche cosa di importante e di determinante, perché attraverso l’esperienza di chi c’è passato e l’ha affrontato possiamo offrire un aiuto per disegnare dei percorsi che non siano solo raccomandazioni, ma sono anche percorsi operativi, nel pratico, su come effettivamente andarsi a vaccinare”.

Sul fronte della protezione dall’Herpes zoster per i pazienti oncologici, “io parlo di qualità della vita e quindi – domanda Petruzzelli – perché non prevenire quello che è prevenibile attraverso un vaccino che ha un profilo di sicurezza eccellente, pochissima tossicità e che ci permette di scansare una delle tante problematiche che arrivano durante il percorso oncologico? Oggi – ricorda – abbiamo tanti vaccini per aiutare i pazienti a mantenere la qualità della vita e su questo dobbiamo lavorare. Bisogna essere informati, consapevoli, avere dei percorsi – sia organizzativi sia di raccomandazioni – e alla fine tutto questo patrimonio di informazioni va raccontato in maniera comprensibile per le persone. Dobbiamo crederci anche noi che facciamo comunicazione – conclude – perché diventa una parte determinante per il successo di questa operazione”.

Anche la comunicazione gioca un ruolo fondamentale e serve più sinergia tra medici, specialisti e pazienti. A sollevare il problema è Annalisa Mandorino, segretaria generale Cittadinanzattiva. “C’è assolutamente bisogno di rafforzare la comunicazione e l’informazione rivolta in generale a tutte le cittadine e cittadini italiani, in particolare alla popolazione più fragile, come gli anziani, di modo che si aumenti l’accesso alla prevenzione vaccinale e si diffonda e si consolidi l’idea che il vaccino è di aiuto soprattutto alle persone con fragilità, che presentano una patologia cronica, una morbilità o una comorbilità, per proteggersi dall’impatto di altre patologie che possono aggiungersi alla loro”.

Il ruolo indispensabile per garantire una corretta informazione sui benefici del vaccino, in relazione alla patologia dei pazienti, secondo Mandorino, è svolto “tanto dal medico di medicina generale quanto dagli specialisti che hanno in carico le persone con patologia, specialmente con patologia pregressa. Come Cittadinanzattiva – ricorda – abbiamo lavorato in questi anni per costituire un’alleanza più salda tra i medici di medicina generale, gli specialisti, gli oncologi, i cittadini e i pazienti, proprio perché è dalla sinergia tra queste figure, e dal livello di prossimità di dialogo, che si può instaurare tra di loro, che si possono aumentare le coperture vaccinali e quindi l’efficacia del vaccino stesso, sia per i singoli, sia per la collettività”.

Tuttavia non è solo una questione di maggiore informazione, ma anche di accessibilità alla prevenzione, difforme a seconda della regione del Paese in cui risiede il paziente. “Occorre – conclude Mandorino – creare dei circuiti virtuosi per permettere ai pazienti di vaccinarsi, quindi facilitare tutto quello che è l’aspetto organizzativo del vaccino, per esempio, distribuendo, aumentando e accrescendo i luoghi dove la vaccinazione per gli adulti può essere somministrata”.

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